Lettera perniciosa - Michele Pittoni

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Lettera perniciosa

Attenzione: la lettera e’ letalmente autoironica e provoca danni nel lettore.
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Era tanto tempo che non restavo solo con me stesso trovando il tempo di scrivere qualche pensiero. Chissa’ perche’ questo desiderio di ritrovarmi ritorna solo nei momenti di sconforto, quando i sempre piu’ sottili fili d’amore che mi legano al mondo si spezzano inesorabilmente, quasi che uno spirito maligno si divertisse a reciderli uno ad uno, senza fretta, lasciandomi disperatamente aggrappato a dei sogni che non hanno piu’ la forza di sorreggermi.
Ho perso anche te, o forse e’ meglio dire che ti ho abbandonata con una sofferenza che solo ora incomincio a distinguere nettamente. Quanto sono crudeli i sogni che riescono a fare rivivere in un istante un mare di emozioni: ti ho sognata qualche giorno fa. Eravamo nella mia vecchia casa di via Locatelli e tu eri seduta sul bracciolo di una poltrona in ingresso con Lillo in grembo e piangevi disperata con la testa china. Io mi avvicinavo e ti prendevo per un braccio, tu mi seguivi e ci sdraiavamo sul letto. Ti volgevo le spalle e mi rannicchiavo contro di te, con un grande senso di angoscia e dei brividi che mi scendevano dalla testa ai piedi; mi sentivo così indifeso, come un bambino. Chissa’, la realta’ di oggi si sara’ confusa con qualcosa di antico e di arcano, con una paura primordiale come quando da piccolo mi addormentavo solo se avevo la schiena contro il muro e restavo rannicchiato aspettando che il sonno mi prendesse.
Poi lunedi’ sera sono passato per casa a Milano pensando di annaffiare i fiori e le piante perche’ avevo visto che, nonostante i gocciolatori, avevano gia’ sofferto la mancanza d’acqua: in macchina avevo lasciato due miei colleghi ai quali avevo detto che avrei fatto in un attimo: volevo anche trovare il numero del tuo conto corrente per fare un versamento da Mirandola.
E invece ho trovato il tuo biglietto:
“...Buone vacanze e addio per sempre?!”.
Non sapevo come fare a scendere nuovamente tanto ho pianto; ero e sono disperato per tutto cio’ che sta accadendo, perche’ anche se e’ giusto che tutto sia così com’e’, tu sei nei miei pensieri e nei miei sogni, sei parte di me.
Perche’ allora tutto questo? Non lo so, non lo capiro’ mai; scusa il paragone poco serio, ma e’ come a te che piacciono tanto i peperoni ma appena li assaggi ti viene un gran mal di stomaco.
Avrei voglia di raccontarti qualcosa di me ma c’e’ tanto poco da dire: mi sto perdendo poco a poco “inghiottito come un punto in un buco immenso e nero”. Ormai e’ parecchio tempo che ho un continuo mal di testa che mi lascia solo per un po’ di notte: dovrei farmi vedere ma non ne ho voglia. Poco fa, quando sono uscito a prendere un gelato, la mia cena di questa sera, pensavo che non ne potevo piu’ e che se avessi potuto scomparire silenziosamente così come sono venuto al mondo, tutto sommato non mi sarebbe tanto dispiaciuto. E adesso anziche’ la mia solita pastiglia di frisium ne ho prese due, per la prima volta, e allora domani potranno essere tre, o quattro, o tutte, così la gente pensera’ che finalmente il dr. Pittoni e’ andato in ferie e non sta piu’ a spaccare le palle. Ed allora, evviva che per stasera ne ho prese solo due e domani saro’ ancora piu’ spaccapalle perche’ saro’ anche rincoglionito e stanco. Evviva la vita così come sta andando per il suo ultimo volo con atterraggio senza carrello perche’ altrimenti non e’ saporita. Mettiamo la rucola dappertutto perche’ e’ l’unica che sappia di qualcosa e mastichiamo peperoncino anziche’ tabacco dopo avere mangiato aglio e cipolla per tenere lontano il mondo. Comperiamo pantaloni che siano stretti di cavallo con gran tiramento di palle e scarpe corte e a punta per favorire  dei calli con un’anima dannata.
Be’, vedi come e’ ridotto il tuo Michele, schizo e ipocondriaco che riesce ad iniziare una lettera piangendo e finirla ridendo e magari mettendoci la rima, che vuole vivere morendo e quando morira’ davvero allora si che saranno cazzi, Che cerca “l’isola che non c’e’” ma intanto si visita tutte quelle che ci sono perche’ non si sa mai.
Ho anche un inizio di mania di persecuzione perche’ ti ho lasciato un messaggio al telefono e non mi hai chiamato, ho lasciato un messaggio a tua madre e non mi hai telefonato, e stasera ti ho lasciato un altro messaggio al telefono (segreteria) così patetico che a questo punto spero proprio che non mi richiami. Che sia tua madre che ha cancellato o non ti ha passato i miei messaggi? O forse, piu’ semplicemente, sei tu che ti sei rotta le palle di avere un pirla di torno. Sì, pero’ adesso che non so dove trovarti, dove cazzo te la mando questa lettera? Se la mando per posta o te la porto a casa arriva prima tua madre ed allora addio lettera (mania di persecuzione) perche’ potrebbe farla a pezzettini: se invece arrivi tu la leggi e magari ti incazzi (idem come sopra) e la butti dritta nel cesso. Non farlo, perderesti un autentico pezzo d’arte “new stile” perche’ a scrivere cazzate se ne possono mettere in fila tante, ma quante ne ho sistemate una dietro l’altra stasera, e’ ispirazione divina.
Dimenticavo l’ultimo pezzo di Michele sclero: la settimana scorsa sono uscito di casa senza chiavi della macchina, e poi sono uscito e salito in macchina senza chiavi di casa ed ho aspettato fino alle due di notte che tornassero i padroni di casa. Oggi ho perso una pratica in ufficio presa a Saluggia lunedì e guardata in treno per Roma martedì; dopo avere telefonato in albergo, all’ufficio oggetti smarriti delle FFSS e cercato nelle borse dei miei colleghi, che tanto non c’erano, buttato all’aria i cassetti, la scrivania e controllato otto volte nella ventiquattrore dove inesorabilmente non c’era, e telefonato a Torino per avere copia dei documenti, ecco che poi arriva la “Santa” che mi fa “cos’e’ quella?”; ed era lì,  a quaranta centimetri dai miei occhi e dieci dalla mano destra, ed allora mi e’ aumentato il mal di testa ed ho tirato un paio di cose non ripetibili.
Definizione di disperazione:
“Stato profondo di prostrazione nel quale si entra frignando e dal quale si esce ghignando solo con forte dose di autocontrollo e con adeguato senso di autoironia.”
Avvertenza per l’uso:
“L’autoironia e’ fondamentale per l’ex disperato ma letale per chi legge: usare le dovute cautele.”
Settembre 91
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