Il poema è il diario, in versi liberi, scritto in trincea dal sottotenente Giulio Camber Barni durante gli anni del conflitto, nelle cui righe emergono stati d’animo anche contrastanti che l’autore ha sperimentato in prima persona, senza mediazioni, in qualità di ufficiale e combattente, insieme ai suoi fantaccini.
Giulio Camber Barni, nato a Trieste nel 1891, dopo aver compiuto gli studi primari nella città natale, frequenta la facoltà di Giurisprudenza a Vienna. Mazziniano e irredentista, come altri compatrioti, allo scoppio del conflitto, diserta l'esercito austroungarico, rifugiandosi a Firenze, presso l'amico Enrico Elia: i due si arruolano poi come volontari nell'esercito italiano (La Grande Guerra si può considerare l'ultima guerra del nostro Risorgimento).Durante il conflitto Barni è ferito due volte; viene insignito di una croce di guerra e di una medaglia d'argento sul fronte italiano e di una di bronzo su quello francese. Alla fine del conflitto si laurea in Legge ed esercita la professione di avvocato a Trieste. Qui collabora con il giornale repubblicano “L'emancipazione” sul quale pubblica in dodici puntate, grazie alle insistenze degli amici, “La Buffa” tra il 1920 e il 1921. Nel 1935 il poema sta per uscire nella sua prima edizione in volumetto, ma viene sequestrata, ancor prima di essere distribuita in libreria, dal regime fascista, grazie alla solerzia del prefetto di Trieste Carlo Tiengo che aveva ritenuto alcuni versi del poema irriverenti nei confronti di Benito Mussolini, all’epoca interventista e caporale dei bersaglieri ferito in battaglia. Allo scoppio della Seconda Guerra mondiale, viene assegnato al Tribunale Militare di Bologna. Trovandosi a disagio nel dover giudicare i soldati, chiede di essere mandato al fronte in Albania, dove nel 1941, muore a causa delle conseguenze di una caduta da cavallo.
Nella “Buffa” emerge la contraddizione del soldato Barni: volontario per convinzioni politiche, che non amava la guerra. Questo suo stato d'animo traspare in molti versi della sua opera.
“...E tosto anche l'austriaco/ si curvò come una quercia/ dal tronco forte, nodoso,/ schiantato dalla bufera/ Gli volli arrestare il sangue,/ ed egli mi disse :<<brate>>-voleva dire fratello- non disse altra parola.//”
Sono sufficienti questi pochi versi per capire la sua grande umanità: non c'è odio per il nemico. L'uomo prima di tutto. Come d’altro canto la morte dell'amico Enrico Elia caduto tra le sue braccia in battaglia manifesta il suo grande dolore, la sua disperazione, nel doverlo abbandonare sul campo per non essere fatto prigioniero. Sentimenti che arrivano dritti al cuore.
La guerra di trincea: uomo contro uomo, faccia a faccia, oggi è così lontana dai noi…
“La Buffa” è l'epopea del fantaccino, della truppa, carne da macello, che il Barni poeta immortala con i suoi versi non solo nei momenti di eroismo, ma anche in quelli amari della sconfitta e del sarcasmo.
“Anch'io sono generale:/ a star al corpo d'armata,/ oppure alla brigata,/ a dire: <<uscite all'attacco,/ vi seguo col cannocchiale!>>/
e dire:<<Andate a morire!/ La guerra mi fa divertire!>>/ Così parlavano i fanti/….”
Far conoscere questo poema, ricco di sentimenti, emozioni e stati d’animo per far riemergere la memoria di un conflitto combattuto con modalità oggi dimenticate, hanno spinto il regista Gilberto Visintin, che già da qualche anno aveva in mente di portare in scena “La Buffa”, alla decisione di realizzare un lungometraggio per farlo riemergere dall’oblio in quanto unico poema epico, non romanzo, pensato e scritto in trincea, sulla Prima Guerra Mondiale.
Il filmato
Il filmato si apre con l'intervista alla figlia dell'autore Irene Camber Corno (indimenticata campionessa di scherma) che parla del padre e del suo poema “La Buffa”. In pochi minuti il suo racconto ci porta indietro nel tempo per iniziare la lunga, avvincente, dolorosa ed esaltante strada della Grande Guerra, vissuta sul fronte italiano.
Uno squillo di tromba dà il via a questo itinerario, partendo dal proclama di Vittorio Emanuele III alle truppe combattenti, corredato da foto, immagini del re, dei soldati, in sottofondo la marcia reale. Le note della canzone “La Leggenda del Piave” con immagini delle truppe italiane che attraversano il fiume “Sacro della Patria”, ci immettono nel teatro di guerra.
La prima strofa della canzone termina sulle foto Di Giulio Camber Barni e dell'amico Enrico Elia. Le due foto di aprono come un sipario: sulla scena appare l'attore, aedo in abiti moderni, seduto su una poltrona che comincia a declamare i versi della Buffa ad un ipotetico pubblico.
Il linguaggio teatrale è contaminato da quello televisivo con il contributo di immagini, foto, titoli di giornali d'epoca e dalle incisioni, create appositamente dai ragazzi dell'Accademia di Belle Arti di Venezia, che sono stati coinvolti nel progetto assieme al docente prof. Paolo Fraternali. Questi lavori sono il ponte ideale tra il passato e il presente.
Il filmato si articola su vari livelli: storico, letterario, musicale.
Il poema è stato volutamente “contaminato” con documenti storici, canzoni patriottiche e popolari dell'epoca che parlano della Grande Guerra: l'ufficialità e la retorica, contrapposta alla voce del popolo. Tutto questo per mettere in evidenza gli stati d'animo descritti nella “Buffa”.
La canzone “La Buffa” (che fa parte del gruppo delle canzoni), descrive in modo popolare i vari momenti vissuti in guerra dai fantaccini ed è stata volutamente musicata con un'aria popolare e molto orecchiabile che i soldati e ilpopolo cantavano, cambiando via via il testo. Queste strofe musicali diventano il fil rouge del filmato assieme alla Canzone “la leggenda del Piave” che in poche strofe riassume i momenti salienti della Grande Guerra vissuta dagli italiani.
Questo diario di guerra in versi si alterna con le canzoni e anche con alcune poesie, che fanno parte della “Buffa”, per sottolineare i momenti di pausa dentro le trincee o nelle retrovie, in cui i soldati pensano alle famiglie, alla morte...alla vita finita la guerra...
Novanta minuti di filmato in cui lo spettatore, attraverso il racconto dell'attore “aedo” e testimone, rivive le sofferenze, le ansie, le paure, le ribellioni, il coraggio e le gesta eroiche dei nostri soldati sui campi di battaglia, teatro della Grande Guerra. Il lungometraggio termina con il Bollettino della Vittoria, letto dal generale Diaz, corredato da immagini, foto, titoli dei giornali d'epoca.
Sulle note della canzone originale “Le campane di San Giusto”, arricchita da foto e filmati d'epoca, che descrivono l'esultanza dei triestini per la vittoria e per essere finalmente ritornati sotto l'Italia, scorrono i titoli di coda.
Le musiche
Ad eccezione di pochissimi brani originali che rievocano il preciso momento storico, le musiche sono state realizzate sia rielaborando delle canzoni popolari dell’epoca in chiave minimale, con fisarmonica e chitarra, come potessero essere suonate e cantate da militari al fronte, che creando una tessitura musicale di accompagnamento alla recitazione dell’opera. Gli effetti sonori e le musiche che accompagnano la recitazione (appositamente realizzate e composte da Michele Pittoni), aiutano lo spettatore ad immergersi nella realtà lontana della Grande Guerra
I destinatari
I destinatari del filmato “La Buffa” sono principalmente:
•Gli studenti delle scuole medie, delle superiori, degli istituti tecnici.
•Le associazioni e i centri culturali
•Biblioteche
•I comuni del Triveneto che sono stati teatro della Grande Guerra.
•I comuni che ne faranno richiesta
•Emittenti televisive private.
Dove sarà possibile alla proiezione del filmato sarà affiancata la mostra di incisione degli Allievi dell’Accademia di Belle Arti di Venezia.